sabato 10 ottobre 2009

in treno senza bilgietto tra italia e francia, fine luglio 2009

In treno fra Italia e Francia…senza biglietto

Ho viaggiato lungo queste tratte nel giro di dieci giorni: Genova-Avignon, Avignon-Lyon, Lyon- Chalon sur saone, e poi ritorno a Genova, ho sostato per sei giorni ad Avignon e due giorni e due notti a Chalon, una notte l’ho passata a Ventimiglia per aspettare il treno perché ero arrivato dopo le 22,30 e dopo quell’ora da Ventimiglia non ci sono più treni per Nice(Nizza). Non ho mai pagato il biglietto, un’”imbattibilità” del genere non mi era mai capitata, viaggiando così frequentemente, nel giro di pochi giorni, tra Francia e Italia (ma soprattutto in Francia). La mattina di martedì 28 luglio sono ripartito da Avignon per Genova, ho sbagliato treno, ho preso un treno per Montpellier pensando che passasse da Marsiglia invece no, sono sceso a Nimes e lì ho aspettato il treno per tornare ad Avignon, perché, al contrario di come mi diceva il controllore, e cioè che c’erano parecchi treni per Marsiglia da Nimes, in realtà ce n’era uno alle 13,30, e io ero a Nimes alle 11,30! Ho aspettao il treno delle 12 e qualcosa per Avignon. Durante il viaggio e durante le attese ho scritto gran parte dei diari di quei giorni, impressioni, cose “intriganti” (o che io ho giudicato tali). Eccone alcune

La differenza in fatto di treni (senza biglietto) tra Italia e Francia. Come vivono i francesi il loro rapporto coi treni? E come vivono gli italiani il loro rapporto coi treni italiani? Se non paghi il biglietto in Italia, e lo espliciti, scatta qualcosa che ha dell’assurdo, dell’irrazionale…Attenzione, qua stiamo andando nella psicologia del controllo sociale sottocutaneo, è di pochi giorni fa la notizia che la Francia sta aumentando i controlli satellitari per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche e via mail, in quell’articolo pubblicato da Le Figaro, (credo il 28 luglio, il giorno della mia partenza da Avignon), si dice che le intercettazioni di questo tipo, in Francia, sono quindici volte inferiori a quelle che avvengono in Italia! E, en passant, l’Italia è forse l’unico paese europeo dove per connetterti a internet in un luogo pubblico (internet point, internet cafè, biblioteca ecc.), ma anche per telefonare da un phone center, devi mostrare un documento di identità, cioè ti devi fare schedare, questa cosa andava detta perché pertinente alquanto con la questione delle intercettazioni.

Ma torniamo al treno. In Italia c’è pochissima gente che viaggia in treno con una certa frequenza. E’ il peese europeo in cui si comprano più automobili. Il messaggio indiretto dell’italiano medio è: a noi del treno non ce ne fotte una minchia! E’ sporco, sempre in ritardo, non ci possiamo fare niente, ci convertiamo all’automobile privata. Il treno non è una loro causa, non è una causa (né una casa!) degli e per gli italiani! Non li concerne. Non li concerne (ma è un controsenso, una violenza, non può non interessarli, ma siamo sul piano dell’alienazione ) la condizione dei macchinisti, i licenziamenti, gli “agenti unici”, le pressioni per mantenere il silenzio e i licenziamenti per i ferrovieri che “parlano” (e poi scassano i coglioni con la retorica di mafia e antimafia. Questi “trattamenti” da parte delle dirigenze della ferrovia nei confronti dei dipendenti, come li chiamiamo? Mafiosi? Ultramafiosi? O dobbaimo inventare altre parole?).

In Francia, invece, c’è un utilizzo diffuso dei treni. Però costano di più che in Italia. Un di più che, però, rapportato alla qualità ed efficienza dei servizi garantiti, non è poi così male (considerate anche le varie riduzioni, agevolazioni e così via). In Italia è noto a tutti il livello catastrofico di Trenitalia (ma non lo è in modo vissuto quotidianamente sulla propria pelle). La cosa misteriosa sta nel fatto che, se in Italia dici che non paghi il biglietto, ti può capitare di sentirti rimproverato. E la cosa più misteriosa è che ti rimproverano quelli che (quasi tutti potenzialmente, in base al discorso dell’utilizzo privato dell’automobile di cui prima) il treno contribuiscono ad affossarlo e perché non lo utilizzano e perché non sanno e non vogliono sapere nulla (ignoranza colpevole, perché è in gioco una cosa pubblica che riguarda tutti) di ciò che succede nel mondo della ferrovia. Spesso, appunto, quelli che rimproverano, sono i più “rimproverabili”, come se, indirettamente e perversamente dicessero: “Io mi faccio schifo, mi sento deresponsabilizzato, decerebrato, meschino e impotente, privato e deprivato di un mio diritto e dovere pubblico”, però tutto ciò lo scaricano su chi porta a galla questa ferita pubblica, dicendo, per esempio “Io non pago il biglietto in modo consapevole” di ciò che questo può significare a livello di liberazione individuale e collettiva.
In Francia, invece…

Quando dici che non paghi il biglietto del treno ( o rubi un libro) difficilmente trovi qualcuno disposto a rimproverarti, eppure lì i servizi sono più pubblici (più utilizzati), più efficaci….Ci sarebbero più motivi per rimproverarti…Invece no! Pas de question! C’est la democrazie français! Pas de culpabilitè, di sensi di colpa cattolici, oppure sono più….striscianti? Ci sarebbe da fare uno studio serio. Quali sono le caratteristiche psicologiche? Il modo di sentire il “servizio pubblico”? Le conseguenze sulle persone (ci sarebbe da legger Baumann, Voglia di comunità, o anche Dentro la globalizzazione, le conseguenze sulle persone). La questione è che in Francia hai l’impressione che tutto vada bene…che ci sia un velo che è meglio non intaccare…Un velo di bienetre..Poi però è il paese con il maggior numero di antidepressivi venduti, al primo posto in Europa (o nel mondo?), bella la battuta di quel ragazzo francese che ruba libri per combattere la depressione….La questione del treno è significativa: quando uno dice che non paga il treno, ci sarebbe da indagare, da scavare, “perché non paghi il treno se i servizi sono efficienti ecc. ecc.?” La spiegazione sta nel fatto che si vuole lasciare le cose per come stanno…(complicità passiva che Gandhi stesso, pur essendo noviolento, deplorava, e preferiva una reazione violenta a una passività complice dello status quo)

Oui, c’est comme ça, se si scavasse, si scoprirebbero cose interessanti…Si scoprirebbero, per esempio, le conseguenze sulle persone, le “soluzioni” proprie e altrui, pubbliche e private, fino ad arrivare alla RATP, Rete per l’Abolizioni dei Trasporti a Pagamento. E’ un’esperienza circoscritta nella regione dell’Ile de France, la regione che comprende anche Parigi (o tutto il territorio parigino?) Un trasporto gratuito? Non è così semplice, né così banale come il titolo potrebbe far pensar. Infatti il libricino parla di diverse testimonianze e di esperienze volte a spiegare certi meccanismi incatenanti del sistema trasporti pubblici, in cui il pagamento del biglietto si configura sempre di più come un simbolo di oppressione sociale e politica. C’è anche un interessante intervista a un ministro dei trasporti che spiega certi meccanismi nascosti del sistema dei trasporti pubblici. Interessante la testimonianza di un collettivo senza biglietto di Bruxelles, e dei collegamenti e colloqui tra viaggiatori e ferrovieri del Belgio.

Reseau pour l’Abolition des Trasports Payants, Zéro euro, zéro fraude, Trasports fratuits pour toutes et tous, Editions du monede libertaire-Alternative libertaire

lunedì 5 ottobre 2009

Leggo su repubblica di oggi un articolo sulle mode verdi degli americani, e su "nuove direttive", che sfatano alcuni miti del consumo verde. Leggo il punto 3 del decalogo: Comprare un auto a basse emissioni è un buon affare solo al di sopra di un certo chilometraggio. Mezzi pubblici e bicicletta restano molto più verdi, e meno cari. Sono tentao di sentirmi riincoraggiato (non mi viene una parola migliore!), perchè penso che questi consigli rompono la retorica dell'auto verde come soluzione dei problemi. Nel libro Dopo l'automobile di Colin Ward Franco La Cecla, nella prefazione, scriveva che e automobili andrebbero limitate (l'utilizzo privato, la loro circolazione e quindi il loro acquisto), quindi penso che Ward e La Cecla erano ancora più radicali di questo decalogo americano antiretorico. E lo erano trent'anni fa, come Ivan illich e altri erano più radicali di questo decalogo già quarant'anni fa. Leggo di altri miti del consumo verde da sfatare, come quello di "spegnere sempre la luce quando si esce da una stanza", sbagliato se avete nuove lampadine compatte fluorescenti. I pannelli solari sul tetto di casa dipende dagli sgravi fiscali: è più efficace abbassare il termostato di un paio di gradi in inverno e indossare un maglione: mi piace questo controconsiglio, riporta alle abitudini antiche, il punto 7 sfata il mito della frutta e della verdura biologica, dice che non vale sempre la pena spendere di più per i prodotto biologici perchè alcuni tipi di verdura e frutta a bassa intensità di inquinanti non vale: cipolle, avocado, ananas, pomodori. Il punto 8 spiega che i doppi vetri non sempre sono efficaci per la dispersione di calore perchè spesso il calore si disperde dal tetto...I trasporti (punto 4): incidono all'11% delle emissioni, quindi non è garantito che se compro prodotti locali salvo la foresta! Per i rifiuti biodegradabili (punto 2): comprare prodotti biodegradabili per ridurre l'accumulo nelle discariche...meglio ridurre i consumi, perchè comunque il tempo di biodegradabilità è lungo! Che tipo di riflessioni mi vengono da fare? Tante, e poche al tempo stesso. Intanto mi viene da pensare al romanzo di Gioconda Belli, Waslala, in cui uno dei personaggi principali, il giornalista che viene dall'Inghilterra e che si innamora della donna che intraprende il viaggio verso Waslala, dice una cosa interessante il tipo, e cioè che l'Europa occidentale è ormai invasa dai vegetariani integralisti o cose così. A me una volta è capitato che una donna di 40 anni con formazione medio alta mi ha visto buttare un noccilo di oliva nel mare e mi ha detto che stavo inquinando! Questo atteggiamento allucinante, di un bigottismo laicoreligioso disarmante e agghiacciante, mi preoccupa forse più della ragazza di 30 anni con formazione medioalta che anni fa mi disse, guardando una macchia di umidità su un muro di una casa del mio paese, una macchia di umidità che molti adoravano come "il volto di padre Pio", ebbene, quella trentenne mi disse hce "quell'immagine ci chiama!", è diplomata, madre di un bambino e con una formazione media, a livello culturale. Ora, già Ivan illich parlava, anni fa, di perdita di autonomia e di creatività, di nsuove povertà, che si ingenerano quando la dipendenza dal mercato e dalle istituzioni e dagli strumenti teconologici upera un certo limite. In ultima analisi, a proposito di Ivan Illich, anche Jacques Ellul aveva detto cose simili a Illich (Illich considerava Ellul un maestro o qualcosa del genere), per certi versi, sia Ellul che Illich potrebbero sembrare morbidi, eppure è curioso che l'Opera Omnia di Ted Kaczinskj pubblicata in francese, nella quarta di copertina, diceva che Kaczinskj aveva letto e apprezzato sia Illich che Ellul. A., un francese che mi aveva visto quel libro, aveva liquidato Illich, Ellul e Kaczinskj come integralisti. Io voglio ascoltare A., mi sembra uno che ha studiato, che ragiona, si definisce un liberale, alla francese. Io credo che Illich, Ellul, e ancor più Kaczinsky, citato nel libro Genio criminale di Lucarelli (Mondadori), abbiano delle cose da dirci, forse sono integralisti, per certi versi, e anche criminali, nel caso di Kaczinskj, ma non per questo non abbiano da dire cose interessanti, spunti interessanti, certo, è più facile "dimenticarli", e andare avanti per la strada della religione del narcisismo biologicoequosolidale o verde....Un libro un pò retorico uscito in Francia un pò di anni fa, e incriminato anche quello, L'insurrection qui vient, riportava queste parole: "Chi dice che diventare autonomi non significhi imparare a occupare case sfitte, a rubare nei grandi magazzini, ad amarsi follemente, a battersi per la strada...?". E' un pò retorico, lo ammetto, ma mi sembra che sia molto meno retorico del decalogo antiretorico americano, di questi giorni..E soprattutto, non dovremmo dimenticare che l'illegalità spicciola (non pagare il biglietto del treno o rubare un libro) se prima era più diffusa e più tollerata, ma anche sperimentabile, oggi è sempre più criminalizzata in modo profondo, come scrive sempre Illich: la cosa che scandalizza non è che ci siano sempre più poveri e sempre meno ricchi, ma che la povertà non abbia più possibilità di esprimersi, come dimostra, fra gli altri, l'esempio di Marsiglia, città in cui, con la "scusa" della capitale della cultura 2013, sta diventando un laboratorio di repressione e schiacciamento della povertà di strada e di quartiere! Ci dobbiamo preparare a un futuro in cui l'irrazionalità e la falsa rivoluzione saranno imperanti e sempre più deliranti? Alleniamoci allora, riacquistaiamo un pò di autonomia, un pò per gioco, un pò per necessità, un pò per...non perdere tempo, chi può farlo, chi non può e non vuole, si limiti a dire "Io non ho le palle", "Non ho il coraggio", anzichè fare pompierismo gratuito e reprimente travestito da buonsenso fuori luogo!