mercoledì 26 novembre 2008

nullaesiste

nulla esiste al di fuori del nulla: neanche il suicidio e lo scetticismo, neanche la vertigine, tutto é vuot, anche il vuoto, se no che vuoto sarebbe? CioranLeopardoangeloshow

martedì 11 novembre 2008

autoriduzion italiane di cui nel post precedente

1970
Autoriduzioni italiane

Il movimento delle occupazioni delle case
e
Gli espropri (o: le autoriduzioni politiche)






Due capitoli estratti da: Le autoriduzioni, Christian Bourgois, Paris, 1976, épuisé


Il movimento delle occupazioni delle case


Se il movimento delle autoriduzioni ha potuto svilupparsi in modo cosi diffuso, é perché esiteva in Italia un movimento di lotta nelle fabbriche particolarmente forte e resistente. Ma anche perché a differenza dell'Inghilterra, dove gli operai rimangono spesso rinchiusi nell'ambito dell'impresa, au shop floor, i conflitti in Italia fuoriescono dalle fabbriche. E investono il terreno sociale grazie alla forza che hanno acquisito nelle fabbriche, riprendendo tutte le contraddizioni della società capitaliste, riportandole nelle fabbriche per rilanciare il conflitto. I consigli di fabbrica sono serviti direttamente per esempio durante le autoriduzioni au rassemblement (mettere insieme, organizzare?) le sospensioni della corrente elettrica (des quittances d'électricité?), forse intende dire le espropriazioni, cioé l'utilizzo gratutito della corrente elettrica?

Ma, prima de arrivare all'autoriduzione, i proletari hanno fatto percorso un lungo ciclo di lotte sul terreno sociale. I comitati di quartiere che hanno spinto verso l'autoriduzione si sono costruiti a partire dal 1969. La questione della casa ha permesso questa socializzazione – questa massificazione – delle lotte, come dicono gli italiani. A luglio, Nichelino, comune della periferia industriale di Torino, era stat occupata, gli operai si rifiutano di pagare gliaffitti. Un anno dopo, in Via Tibaldi a Milano, proletari se studenti occupano alcuni appartamenti liberi. Nel 1974, al riento delle vacanze, nel momento in cui iniziano le lotte per l'autoriduzione dei trasporti e dell'elettricità, decine di famiglie occupano alcuni appartamenti e case in Via delle Cacce a Torino, in uno dei ghetti dove alloggiano gli operai di Mirafiori Sud. Il movimento riuscirà a coinvolgere seicento familgie nell'occupazione. Non si era mai visto a Torino un movimento di occupazioni cosi vasto. Ma la città in cui si manifesta in modo più vasto é Roma. Anche qui le occupazioni dei case hanno provocato a scontri con la polizia tra i più violenti, particolarmente nei quartieri di San Basilio1

ROMA: UNA LUNGA TRADIZIONE DI LOTTA

Le lotte per la questione della casa risalgono a Roma all'immediato dopo guerra. Durante queste operazioni (operations, non so come tradurre, non capisco bene se si riferisce alle lotte per la casa di cui prima) ci fu un afflusso di proletarii provenienti dal Lazio meridionale e dall'Italia del sud. Erano in maggioranza « lavoratori intermittenti » (provissori, giornalieri?) destinati a bassi salari. Ma una legge fascista rimasta in vigore2 impediva agli immigrati l'accesso nel centro storico. E' qui che si sono installati delle case improvvisate, centri di ospitalità municipali, antesignani delle città dormitorio. Durante il periodo successivo, quello della « ricostruzione nazionale », é il PCI che organizza le lotte di massa, gli scioperi generali che paralizzano tutta la città. L'obiettivo é il lavoro e la costruzione di case per i lavoratori. A volte, persino i disoccupati organizzati dai militanti del Partito prendono in carico la costruzione di strade, fognature, sbarazzano les gravats (?). Questa forma di lotta é teorizzata come un esempio di « autogestione » suscettibile di formare gli « agenti sociali capaci di dirigere il lavoro e di controllarlo ». la linea politica del PCI é quindi chiara: in una città come Roma, dominata storicamente par les couches moyenne (i ceti medi?) delle amministrazioni e dal fascismo, e in assenza di una classe operaria veramente importante, bisogna puntare (miser?) sulle periferie, sui « marginali » (o emarginati?), sui lavoratori temporanei, se si vuole costruire un peso politico capace di controbilanciare la destra. Malgrado la precarietà del lavoro, e la presenza di un sottoproletariato, la periferia romana diventerà una fortezza rossa impermeabile alle infiltrazioni di destra. Realtà che si manifesterà elettoralmente ma anche attraverso duri scontri fisici durante le manifestazioni di piazza. La popolazione di questa cintura “rossa” é soprattutto costituita da operai edili, dalle rare industrie esistenti, dai disoccupati, dai piccoli artigiani cacciati nelle periferie nel periodo dello “sventramento” del centro storico. Gli scontri con la Polizia sono violenti, come testimonia lo sciopero generale del dicembre 1947 durante il quale la polizia non esita a sparare sui manifestanti, uccidendo un operaio edile disoccupato.

La mancata insurrezione in seguito all’attentato mancato di Togliatti, segretario del PCI, segna l’inizio di un riflusso progressivo che porterà ai defaits grandi fabbriche del Nord verso il 1955. Il ruolo di organizzatore del PCI va decrescendo. Gli scioperi generali contro la disoccupazione e per il miglioramento dei servizi non riescono più a paralizzare la capitale. Roma accentua durante questi anni il suo carattere di città prevalentemente terziaria (amministrazioni centrali, servizi pubblici, commercio); il settore industriale di riduce all’edilizia e a piccole fabbriche. Parallelamente, la capitale diventa un luogo di passaggio della mano d’opera che dal sud va verso il Nord, e soprattutto un polo d’immigrazione regionale ed extraregionale. L’urbanizzazione selvaggia si sviluppa; iniziano ad apparire le bidonvilles e la speculazione immobiliare fa i primi passi con successo. Nello stesso tempo che allaccia legami con chi organizza le lotte, il PCI comincia a delineare la sua strategia di una “via parlamentare verso il socialismo” (o al socialismo); comincia a porsi il problema dell’ambiente urbano e dell’organizzazione dello spazio sociale. Studia la questione della rendita fondiaria e scopre (découvre dans l’oligopole) nell’oligopolio il latifundium urbano (specialmente la Santa Sede che fa la parte del leone). Il problema della casa si trova quindi subordinato alla questione dello sviluppo urbano equilibrato, anch’esso legato a una lotta d’insieme contro la rendita fondiaria. Secondo una logica tutta riformista che separa nel processo di accumulazione rendita e profitto, pertanto connessi, la rendita é allora interpretata come il freno parassitario allo sviluppo della città, del paese, e come sola responsabile delle poches d’arriéation. Il PCI inizia allora la battaglia a livello comunale e parlamentare controla concentrazione della grande proprietà, contro i latifundia urbani considerati responsabili della penuria delle case. E’ in questo contesto che tenterà di canalizzare il movimento popolare ancora forte nelle periferie. Nel 1950-51 si realizzano le prime grandi occupazioni di case nei quartieri di Primavalle, Laurentino, Pietralata. Le Consulte popolari create in questo periodo sono organizzazioni di massa unitarie del PCI-PSI. Riuniscono diverse associazioni e comitati che si occupano della questione della casa. In una prima fase, la loro componente locale di base é prevalentemente proletaria. A livello centrale, vi si trovano piuttosto i quadri politici del PCI (consiglieri municipali, parlamentari). L’obiettivo (axe?) principale é quello di ottenere il blocco degli affitti ou davantage degli investimenti nel settore dell’edilizia pubblica. Con ben poco successo perché dal ’51 al ’55, la percentuale dell’aiuto pubblico crolla dal 25% al 12% del totale. Le Cosnulte popolari intervengono inoltre presso le autorità locali per risolvere i problemi più urgenti (evacuazione degli appartamenti pericolosi, attribuzione degli alloggi ai familiari espulsi, ecc.). Le forme delle lotte sono più spesso manifestazioni, delegazioni, petizioni che servono da sfogo ( sbocco?, il termine fr. é : de débouchés) alle occupazioni spontanee che si moltiplicano verso il 1955, data alla quale le Consulte le organizzano direttamente per la prima volta. Quasi tutte le occupazioni di quest’epoca sono dirette contro l’Istituto per la Costruzione Economica e Popolare (IACP). Gli alloggi costruiti da questo organismo pubblico, jouxtent prevalentemente i quartieri dell’epoca fascista. Principalmente i quartieri Goridinai, Tiburtino III, San Basilio, Primavalle, Tor Marancio. Queste zone popolari ospitano i proletari ammassati in condizioni sanitarie e igieniche infettive; clientelismo e corruzione vont bon train (vanno di pari passo?). E’ cosi che le iscrizioni sulle liste d’attesa per beneficiare di un alloggio dipendono totalmente dai partiti del centro e della Democrazia cristiana. Le occupazioni organizzate dalle Consulte non sono concepite come azioni di appropriazione, ma come forme di pressione sui poteri pubblici: il problema della loro difesa, dunque, non si pone. La città e la sua dirigenza amministrativa (potrebbe andare bene anche “amministrazione”?) non sono visti come nemici bensi’ come alleati contro la speculazione. Quasi sempre queste occupazioni si concludono con un intervento violento della polizia che sgombera tutti e con una manifestazione di protesta davanti il Campidoglio, dove sono richiesti (exigés) des credits per consentire ai poteri pubblici di ntervenire . A San basilio e a Pietralata pero’, capita che il rapporto di forza sia favorevole agli occupanti e che la lotta riesce. Le Consulte organizzano in questo periodo anche uno sciopero degli affitti: i termini échus non vengono pagati ai poteri pubblici per obbligarli a migliorare o a creare servizi (scuole, strade, fognature). Durante tutto questo periodo, il PCI riesce infatti a offrire uno sbocco parlamentare a queste lotte. Pertanto, nel 1956, l’esperienza del centrosinistra e la Legge Sullo contro la speculazione fondiaria échouent (falliscono). La linea del partito allora oscilla tra proposte tecnocratiche (contropoposte, critica degli organismi esistenti) e interventi populisti e demagogici sule situazioni di abuso fra le più eclatanti (criantes?) attorno alle quali fioriscono tavole rotonde e petizioni. Ma nessuna offensiva seria viene promossa per appoggiare un intervento legislativo mirante a riformare la politica urbanistica. Le Consulte cambiano progressivamente la loro natura: iniziano a riunire “tutti i cittadini” che si interessano alla questione dela casa, dei servizi, dei trasporti, dei parchi. Perdono la loro connotazione di classe. Le lotte che vanno avanti prendono una piega “civile”. Si verificano ancora blocchi di strade e di pazze, come quando le famiglie sgomberate dagli alloggi demoliti per la costruzione delle istalazioni olimpiche manifetsano nel 1958. Quialche sciopero di pagamento degli affitti come quello di Grottaperfetta (forse Grotaferrata?) nel 1964. Ma queste lotte hanno perduto la loro incisività e, a partire dal 1969, non si registrano più manifestazioni interessanti in tal senso. Nel corso degli anni ’60, parallelamente alla trasformazione dell’apparato produttivo e all’accentuazione dei flussi migratori, la penuria degli alloggi a basso costo di affitto diventa il problema principale. La manomorta del grande capitale finanziario sui terreni da costruire continua alla grande, mentre la parte degli investimenti pubblici nel settore dello IACP passa da 16,8% per tutto il paese nel 1960 a 6,5% nel 1965, e a 7% nel 1968, 5,1% nel 1969 e 3,7% nel 1970! Roma che é diventata la città cerniera tra il Sud e il triangolo industriale del Nord si espande smisuratamente. Il resto del azio si svuota disgrega, mentre la lontana perfieria sud ovest verso Latina, Pomezia Aprilia, si congestiona completamante. La costruzione privata si orienta verso le case de “standing”; l’aumento degli affitti diventa vertiginoso e accresce la speculazione a sua volta.

Con il fallimento della sua lotta contro la rendita fondiaria, la politica del PCI si ripiega sulla domanda di un riequilibrio dei poteri pubblici. Dopo il 1964-’65, il PCI non parla più di una “politica urbanistica”; la sola politica coerente é quella che viene condotta per la bonifica delle periferie (canalizzazione delle fogne e loro ricopertura ecc.). Per il resto, la lotta é abbandonata a un livello settoriale e sono gli organismi di massa interclassiste che la conducono in modo sindacale. E’ in questo periodo che si forma l’UNIA (Unione Nazionale Inquilini e Assegnatari) che da consigli giuridici ai cittadini en butte ai proprietari. Le iniziative si limitano a delle petizioni, a delle manifestazioni per fare pressione sul Comune, sullo IACP, e ottenere la resorption delle bidonvilles, cosi che l’aumento degli alloggi popolari.

1969-75: UN NUOVO CICLO DI LOTTE URBANE

Nel 1969 iniziano a manifestarsi alcune tensioni accumulate negli anni precedenti. A Roma, 70 000 proletari relegati nei ghetti e in condizioni catastrofiche, si trovano di fronte a un panorama che presenta edifici abitativi con 40 000 appartamenti vuoti che non trovano acquirenti o affittuari perché troppo cari. L'Associazione degli imprenditori dell'edilizia romana riconosce che si tratta ormai di una “fetta di mano d'opera indispensabile”. Il clima politico generale creato dalle lotte operaie e studentesche esercita una grande influenza nello scatenamento di un nuovo tipo di azioni: non si tratta più di un'occupazione simbolica che cerve da mezzo di espressione supplementare nell'ottica di una negoziazione al vertice. Quest'ultima viene rifiutata e le occupazioni prendono la forma di espropri violenti che traducono confusamente la volontà dei proletari di riprendere i beni necessari a soddisfare i loro bisogni. Queste lotte hanno come conseguenza quella di demystifier (demistificare) lo Stato che era presente come “mediatore” nella prestazione e garanzia dei servizi per tutti i cittadini. Esse puntano il dito sulla natura classista dello Stato e dell'amministrazione comunale, e concretizzano un'estensione diretta della lotta della fabbrica verso la società. Questa volontà esplicitata di s'emparer (impossessarsi?) delle case senza aspettare il beneplacito dei padroni, né gli investimenti che seguono i dettami (les avatars?) del profitto, segna una “socializzazione” della lotta, cioé una difesa e un recupero del salario reale. Manca, certamente, a questo prime occupazioni di un nuovo tipo una partecipazione diretta degli operai della fabbrica in quanto tali. Pertanto, esse apporteranno un altro elemento, che le lotte operaie ancora non hanno: quello di un'organizzazione autonoma della lotta. Le occupazioni spontanee raduneranno un gruppo di militanti del PCI, del PSIUP (equivalente allora del PSU) e dei cattolici di sinistra che formeranno la prima forma di sostegno organizzato di queste lotte. Dopo l'intervento della polizia e l'evacuazione degli appartamenti, 120 altri alloggi vicini vengono occupati immediatamente nel quartiere Celio. Si arriva alla cifra di 400 nei giorni seguenti. Per scelta deliberata, gli appartamenti appartengono tutti ai poteri pubblici, ma sono abbandonati e liberi da chissà quanto tempo. Questa soluzione offre in effetti migliori possibilità di successo e mette i bastoni fra le ruote alle operazioni dello IACP intraprese con la complicità tacita dei rappresentanti sindacali che siedono al suo interno.

venerdì 7 novembre 2008

autoriduzioni italiane fino agli anni '70

per chi volesse collaborare alla traduzione del testo autoriduzioni italiane fino agli anni '70, puo' contattare seditionsgraphiques@gmail.com, per vaere il testo integrale, e se vuole leggere la prima parte che ho già tradotto...fra qualche giorno la troverà su questo blog, angelo

mercoledì 5 novembre 2008

journaldevoyage5novembre2008

Journaldevoyagemarseille5novembre2008

Mi piglia male scrivere al computer, troppa luce e scomodità di posizione anche se in fondo va bene cosi, seduto per terra e gambe piegate sbilenche ma zen, canzone dei CCCP, tipo che il titolo é BB. Sta mattina Celine si é svegliata chiedendomi se aveva vinto Obama o Mc Cain. Io stavo andando in bagno e pensavo che parlasse al telefonino con qualcuno, poi ho guardato verso il suo letto e non aveva in mano un telefonino, allora ho detto « ma parli con me ? », e poi ho guardato su Internet : Obama aveva vinto. Ho letto ad alta voce due articoli di Le monde a Celine, ci siamo scambiati un po di commenti, poi abbiamo visto un video via Internet. Alla fine della giornata, verso le sette di sera, ero andato in bicicletta verso una libreria per « recuperare » un libro, ma la libreria era chiusa, allora, mi sono fermato a guardare il corteo dei Kurdi che cantavano e inneggiavano a Ocalan ! Quanti ricordi ! 1998, 1999, 2000….Milano, Capodarco di Fermo, Pietraperzia, Perugia, Assisi, Catania…

E ora basta, non ce la faccio più. Giornata piena oggi, ricca : i ritratti con la polonaise, cioé Martha, che ho incontrato ieri alla libreria caffé letterario radical chic La passerelle, e oggi mi ha presentato la sua bella amica e coinquilina e compaesana e connazionale Emilia (hanno nomi e cognomi italiani sti polacchi, ma com’mai ?, Martha di cognome fa Safarra, o juste comme ça !). Ho trascorso il mio primo pomeriggio con lei che faceva da apprendista. Ieri pomeriggio quando le ho chiesto se le potevo fare un ritratto mi ha detto che anche lei voleva fare come me, perché studia beux arts a Cracovia, e quindi…Oggi mi é venuta dietro. Ne ha fatti due molto blli, uno pagato bene, cioé nove euro, uno rifiutato. Adesso abbandonerei il campo perché sono troppo fatigué, un gna a faccio più, je veux mourir, je n’en peux plus, rien ne va plus, a nablus, bonnuit

domenica 2 novembre 2008

le travail fantome en france

III. Le travail fantôme des chercheurs de travail

Selon le reporting de la dernière info-coll des ERD, le représentant impétrant de la DAGEMO a saisi le SCRE du cas d’une conseillère lambda ANPE qui, après un entretien flash dans le BEC, a papé une DE dont l’ARAF était incrémentée d’une ARE, négligeant de procéder à une GL de sa toponymie dans une des listes ; l’agent a ordonné la re-critérisation de la fiche de ladite fonctionnaire. Pour sa défense, la conseillère dont l’écart venait d’être diagnostiqué, donnant pour preuve de sa pro-activité l’enregistrement de ses derniers entretiens BMO, a fait valoir que la durée de la fenêtre de tir ne permet guère un suivi personnel de tous les cas en reprise de stock .
Pierre Bourbaki

Moi aussi, j’attends de revenir… J’erre dans l’Hadès du chômage, tapi dans ce que Kundera appelle la « pénombre de dépersonnalisation ». Car il est exilé, banni, excommunié, celui qui pointe à l’ANPE. En entrant dans l’antimonde des demandeurs d’emploi, son identité se défait, se morcelle. Il devient une âme morte parmi les vivants.
Jean-Louis Cianni, La Philosophie comme remède au chômage, p. 55



Petit lexique de l’ « Harmonisation des Pratiques » .

Reporting : rapport
info-coll : « information collective », réunion de représentants des agences et des
chômeurs
ERD : Équipes Régionales de Direction
DAGEMO : Direction de l’Administration Générale et de la Modernisation du Ministère de
l’Emploi et de la Solidarité
SCRE : Service de Contrôle de la Recherche d’Emploi, véritable police des chômeurs
critériser une fiche : remplir une fiche
ANPE : Agence Nationale Pour l’Emploi
entretien flash : entretien dont la durée reflète le slogan « savoir mieux gérer son temps » ;
antonyme : entretien chronophage
paper : intégrer dans l’Actu PAP
Actu PAP : Actualisation de Projets d’Actions Personnalisées
impétrant : nouveau dans le service
BEC ou « box »: Bureau d’Entretien Conseil
DE : demandeuse-deur d’emploi
incrémenter : ajouter (un chiffre à un autre chiffre)
ARAF : Aide à la Reprise d’Activité des Femmes
ARE : Allocation Retour d’Emploi
GL : gestion de liste = radiation, suppression d’un revenu de remplacement
écart : anomalie de conduite pouvant être objet d’un diagnostic
agent pro-actif : agent bien noté pour son activisme ostentatoire
entretiens BMO : enquêtes téléphoniques sur leur Besoins de Main d’œuvre que tout agent pro-
actif se doit de mener auprès des employeurs potentiels de sa clientèle de DE
fenêtre de tir : période de réception des chômeurs par les conseillers ANPE
reprise de stock : réception des clients que l’agent n’avait pas encore rencontrés
« harmonisation
des pratiques » : euphémisme appartenant au lexique des mots empêchant l’expression de
maux .



Le parcours du chômeur demandeur d’emploi
En France, l’Agence Nationale Pour l’Emploi (ANPE), entreprise publique à responsabilité publique, soumet les chômeurs demandeurs d’emploi (DE) à des entretiens conseil réalisés dans des bureaux ou ‘boxes’ ad hoc durant la partie de leur journée de travail que les conseillers nomment leur fenêtre de tir. Les conseillers ANPE sont censés être choisis pour leurs dons d’écoute et d’empathie et être pour autant capables de conduire des entretiens en profondeur ouvrant sur un suivi individualisé et un éventuel contrat d’accompagnement. Face à la foule des candidats, les chefs de service recommandent toutefois à leurs subordonnés de « mieux gérer leur temps », ce qui signifie « être bref », « décider en un éclair », « sauter à la conclusion » quitte à « être unilatéral », toutes attitudes qui caractérisent l’entretien flash.
Pour sa part, l’Association pour l’Emploi Dans l’Industrie et le Commerce (Assedic) est une assurance contre le chômage financée par les cotisations des salariés et de leurs employeurs. Les agents Assedic, qui gagnent en moyenne 30% de plus que leurs homologues ANPE, sont soumis à des règles de « rentabilité » encore plus draconiennes.
Davantage que sur ses qualités humaines « d’écoute et d’empathie », le conseiller ou l’agent est en effet noté sur sa productivité positive et négative, en l’occurrence sa capacité de critériser des fiches d’entreprise de chômeurs réinsérés et de radier les chômeurs malins (en jargon d’harmonisation des pratiques : de procéder à une GL de leurs toponymies). Le conseiller pro-actif doit être à même, dès les premières minutes passées dans le box avec son client d’orienter celui-ci vers le parcours qui sera le sien durant l’éventuelle période d’accompagnement.

Trois parcours possibles sont diagnostiqués : ceux qui « sortent naturellement des fichiers » ; ceux pour qui il faut « mobiliser des prestations d’appui ponctuel » ; ceux pour qui « mobiliser immédiatement un appui renforcé ».

D’où émane ce langage ? Du service d’urgences d’un grand hôpital ? Des services de réinsertion sociale d’une prison ? Ou de la direction d’une boîte de préparation au bachot ? C’est le langage du triage : prisonniers destinés aux travaux du camp, malades sélectionnés pour la visite du grand médecin de passage, pauvres orientés vers un service d’assistance idoine. Ou candidats inclassables parce qu’intraitables, lycéens inaptes aux cours de rattrapage, prisonniers indignes d’une mise en liberté surveillée.
Heureux le chômeur qui sort naturellement du fichier… On croirait entendre parler d’une espèce rare d’oiseau, seul capable de s’envoler et de quitter la réserve… Ces trois parcours ressemblent fortement aux niveaux « R1, R2, R3 » utilisés avant l’invention du profilage : autonomie, appui ponctuel, accompagnement. La seule différence notable, c’est l’intromission de l’Assedic à un nouveau maillon décisif de la chaîne. Lors d’expérimentations faites çà et là en 2005, on a vu l’Assedic « inviter » l’ANPE à inscrire un chômeur comme couvreur, au motif qu’il venait de terminer un contrat de ce type. Et le gars effaré de protester : « Mais non, je leur ai dit que je voulais plus faire ça. J’ai pris ça pour me dépanner, c’est pas mon métier ».

De l’aveu de bien des conseillers, ce qui leur est demandé, ce triage, est un « boulot de flic ». Parfois, les préposés au triage se révoltent. Dernièrement, un conseiller ANPE a été présenté devant le juge d’instruction, après avoir vu son appartement perquisitionné.
Avait-on retrouvé chez lui des bidons d’essence, des cagoules, une liste de copains fous furieux, le plan des agences détruites, leurs codes d’accès ? Non. Il avait déposé sur un forum du site actuchomage.org le message suivant :
« J’informe les énervés qui crament les ANPE qu’il en reste encore : donc suivez le guide ANPE de XXXX :XX, bld XXXXX. Qui sème la misère récolte la colère. Les mots ne sont jamais trop forts quand il s’agit de qualifier le traitement actuel des chômeurs. Dans la réalité d’une ANPE, vous assistez aux reprises de fin de stock, GL2, GL3 (radiations), convocations. C’est comme une usine capitaliste normale avec des numéros de produits correspondant à des humains. J’ai lu ici et là l’évocation du STP et je confirme qu’il y a de cruelles ressemblances…
Un conseiller dégoûté, énervé, agité, syndiqué mais souvent impuissant face à la gangrène néo-libérale qui ronge notre monde ».
Ce message a été rapidement supprimé, de sorte qu’il a été vu par moins de trente personnes en tout. Qualifié d’ « incitation à un délit dangereux », il fait néanmoins peser sur le conseiller la menace de cinq ans de prison : une pure aberration.

Officiellement, le chômeur qui s’adresse à l’ANPE est usager d’une institution publique, alors que celui qui cotise à l’Assedic est client d’une institution privée fonctionnant comme une assurance. En réalité, il n’y a pas de différences essentielles entre la forme publique et la forme privée de la clientélisation des pauvres, en l’occurrence des chômeurs, qu’ils soient assurés ou non contre le chômage.
Le chômeur est-il usager ou client ? Parler de clientèle est particulièrement curieux dans le cas de personnes en recherche d’emploi. « C’est pas important, c’est juste un mot », dixit un conseiller .

À en croire Viviane Forrester, ce langage à la fois clinique et policier, cet affichage de services à rendre à des chômeurs qui sont des travailleurs en suspens (pour l’ANPE) et à des travailleurs qui sont des chômeurs en sursis (pour l’Assedic) est le langage d’un monde disparu mais encore vociférant face à un monde nouveau qui l’investit silencieusement :
Quant au monde inédit qui s’installe sous le signe de la cybernétique, de l’automation, des technologies révolutionnaires, et qui exerce désormais le pouvoir, il semble s’être esquivé, retranché dans des zones étanches, quasi ésotériques. Il ne nous est plus synchrone. Et, bien entendu, il est sans lien véritable avec le « monde du travail » dont il n’a plus l’usage et qu’il tient, lorsqu’il lui arrive de l’entrevoir, pour un parasite agaçant signalé par son pathos, ses tracas, ses désastres encombrants, son entêtement irrationnel à prétendre exister. Son peu d’utilité. Son peu de résistance, son caractère bénin. Ses renoncements et son innocuité, enfermé qu’il est dans les vestiges d’une société où ses rôles sont abolis. Entre ces deux univers, rien qu’une solution de continuité. L’ancien périclite et souffre à l’écart de l’autre, qu’il n’imagine même pas. L’autre, réservé à une caste, pénètre un ordre inédit de ‘réalité’ ou, si l’on préfère, de déréalité, où la horde des ‘demandeurs d’emploi’ ne représente qu’une blême cohorte de revenants qui ne reviendront pas .

Et entre l’ancien monde du travail et le nouveau système qui le ronge et l’investit sans bruit de l’intérieur, la langue de bois des organismes de « lutte contre le chômage » fonctionne comme une interface. Selon Jean-Pierre Dupuy, une interface est le minimum d’information sur le système qu’un sous-système doit absorber pour fonctionner adéquatement. Selon Dupuy toujours, cette « information » peut n’être que le voile de l’ignorance de la vraie nature d’un ordre social qui fonctionne d’autant mieux que cette ignorance est plus générale.
Les sigles fleurissent. Un glossaire est distribué aux impétrants pour leur éviter (ou leur permettre ?) de devenir fous. Il démarre par un aveu : « Difficile de lutter contre les sigles, autant les apprivoiser ». Loin de les traquer, pourtant, l’Agence les encourage. Ils permettent d’édulcorer, voire d’occulter la réalité. Bizarrement, dans cet inventaire ne figure pas l’abréviation la plus célèbre, la GL (pour « gestion de liste ») : « radiation », pour les intimes, autrement dit suppression pure et simple du revenu de remplacement. Concrètement, dans le cas où les allocations fournissent le seul revenu du foyer, la GL se traduit immédiatement par un découvert bancaire, le loyer impayé, les factures idem, l’huissier, etc. Il est tellement plus commode de « pratiquer des GL » que de radier des individus, ou, pire, de supprimer les revenus d’une famille. Faisons l’essai ; au lieu de : « Les enveloppes, là, c’est des GL3 ? » lançons un joyeux : « Le courrier, c’est des privations de ressources ? » Tout de suite, l’ambiance retombe.
Hélas, le choix des mots utilisés pour la rédaction des courriers n’appartient pas au conseiller. Des modèles préexistent, dans l’ordinateur, qui ont été générés au niveau national…


« Nous sommes tous des femmes enceintes allemandes »

La généticienne Silja Samerski a écrit une thèse de doctorat sur les entretiens conseil - encore facultatifs - vers lesquels les médecins allemands orientent les femmes enceintes appartenant à certains groupes statistiques de femmes en risque. Curieuses similitudes entre la consultation génétique aux femmes enceintes et la séance conseil d’un chômeur disposé à initier le douloureux processus de gestation d’un emploi !
Dans ce travail, j’aimerais, par une étude particulière des entretiens entre femmes enceintes et conseillers génétiques, examiner dans quelle mesure les institutions de conseil contemporaines obligent à une remise en question générale de la notion de décision. À partir de l’exemple concret du conseil génétique, j’aimerais examiner les nouvelles significations du terme de décision introduites par les conseillers et suivre les implications et les possibles conséquences de cette nouvelle manière de penser pour les femmes enceintes en particulier et, plus généralement, pour la clientèle des innombrables conseillers de tous types offrant actuellement leurs services .

Certes, pas plus que les contestataires de 1968 n’étaient tous des juifs allemands, les chômeurs-euses français et françaises ne sont littéralement des femmes enceintes allemandes. Ils et elles sont toutefois soumis à un processus de clientélisation analogue, dans lequel l’obligation de décider devient l’interface qui en fera des sous-systèmes d’un système insidieusement totalitaire. Dit en termes moins pathétiques, tous les conseils professionnels orientant leurs clients sur un parcours de risques ont un trait en commun : contrairement aux médecins et autres professionnels autoritaires d’antan, ils remettent la décision aux mains des conseillés. Mais de quelle décision s’agit-il ? D’abord, répétons-le, la décision, telle que l’envisagent les conseillers de tous ordres, est une interface entre le monde vécu des clients et le système dans lequel sont enfermés les conseillers ou, comme ils se définissent souvent eux-mêmes, les facilitateurs d’informations à la décision. Selon Silja Samerski, le propos initial de son étude était le suivant :
Je voulais réfléchir sur l’abîme entre les soucis et des espérances des femmes enceintes, tels qu’elles les expriment dans leur langage, et les concepts d’origine technique déguisés en science populaire dont est construit le discours des experts. En effet, la femme qui accourt à la séance d’orientation génétique pense très concrètement à la santé et au destin de cet enfant qu’elle attend . Le conseiller, pour sa part, émet des jugements sur la base d’analyses de laboratoire, de données statistiques, du profil moyen de la classe des cas auxquels l’enfant à venir est censé appartenir en vertu de quelque déviation biologique de la norme.
En considération de cet abîme, y avait-il un sens à prétendre que des femmes douées de sens commun pussent prendre leurs propres décisions à partir d’un discours sur les probabilités, les génotypes ou la caryocinèse ?

Le chômeur qui accourt à la séance conseil de l’ANPE, de l’Assedic ou d’une quelconque agence de placement pense concrètement à sa famille, aux gosses, à l’appartement qu’il désire conserver et donc au loyer qu’il doit payer, aux repas à préparer, aux frais d’inscription du plus grand dans une école spéciale, ou aux livres qu’il faut acheter, aux habits, souvent aux médicaments. Mais une fois dans le ‘box’, il fera face à un conseiller en base avant ou fenêtre de tir jusqu’à midi dont la fonction principale – selon le langage de l’agence - est, s’il s’agit d’une reprise de stock, de critériser la première fiche du DE et de l’orienter sur un parcours pouvant se conclure par une fiche d’entreprise. Ici, quand bien même les blocs dont est fait le discours du facilitateur d’informations à la décision ressortissent davantage à la pop administration qu’à la pop science, le but est toujours d’obtenir que le client s’attache lui-même au système. L’ANPE qualifie d´autonomie contrainte cette ‘autogestion de stock’ par ses composants individuels. Mais, comme le remarque Fabienne Brutus, « l’autonomie contrainte se passerait bien de la référence à l’autonomie ». Pour revenir au cas des femmes enceintes allemandes, y a-il quelque chose à décider dans la « décision » que leurs conseillers génétiques ont pour mission d’extraire d’elles ?
Toutefois, dès les premières des trente séances d’orientation génétique auxquelles j’assistai, je me rendis compte que les termes mêmes dans lesquels je posais ma question empêchent d’y répondre. Ce que le conseiller génétique exige implicitement de ses clientes, et qu’il appelle décision me parut soudainement ressortir à une manière absolument inédite d’agir dans le présent en fonction d’un futur incertain, mais calculable statistiquement .

Dès lors, la question n’est plus de savoir si les femmes enceintes allemandes et les chômeurs – euses de France aux affres à la séance conseil peuvent encore prendre des décisions, mais bien plutôt ce que signifie le terme de décision dans un tel contexte. Quelle doctorante en Siences Po ou en sociologie se donnera-t-elle la peine d’assister à une trentaine d’entretiens dans un box de l’ANPE ou de l’Assedic et de réfléchir sur ce qui se passe entre le facilitateur en info à la décision et les DE clients de l’agence ? À défaut d’une docte thèse, nous avons la verve d’une journaliste née qui est aussi une ancienne facilitatrice de l’ANPE. Durant sa fenêtre de tir, elle reçoit, en reprise de stock, un monsieur bouleversé:
J’ai reçu ça ; alors je voudrais conserver ma dignité, vous voyez. Je suis au chômage mais je suis quelqu’un. J’ai refusé une offre de plongeur. Je viens d’entamer mes droits Assedic ; j’ai demandé à bosser dans une zone de cinquante kilomètres autour de mon domicile, et en plus je suis serveur. On m’envoie faire la vaisselle dans un restau à une heure de chez moi ! Et quand j’ai expliqué par courrier pourquoi je n’y allais pas, on m’a répondu par une autre offre de plongeur ! J’ai trois enfants ; j’estime avoir le droit de ne pas bosser à une heure de chez moi en horaires découpés .

Ce demandeur d’emploi ignore sans doute la consigne passée aux agents ANPE : « Emmener les chômeurs récalcitrants vers les emplois pléthoriques ». Voici donc un récalcitrant qui a décidé de ne pas accepter les offres de mission de l’agence parce qu’elles ne correspondent pas à l’idée qu’il se fait de lui-même. Il a décidé aussi d’entamer des droits garantis par ses cotisations à une assurance chômage. Dans ce contexte, le non reste la seule vraie décision. Jusqu’à quand tiendra-t-il le coup?
Silja Samerski a vu des clientes de la consultation génétique ramasser les formules éparpillés sur la table, les jeter à la tête du conseiller et sortir : encore une décision qui n’est pas un choix à marquer d’une croix dans un questionnaire multi-options. La différence entre être une femme enceinte allemande et une chômeuse française est que, dans le premier cas, la bonne conduite lors de l’entretien conseil n’est pas – encore – une condition de la réception d’indemnités alors qu’elle l’est dans le second cas.
Depuis 2006, afin d’améliorer « l’intégration des précisions relatives à l’emploi désiré à son adéquation avec la réalité du marché », l’Assedic opère pour chaque chômeur demandeur d’emploi un calcul du risque permettant d’établir son profil. Risque de quoi ? Risque de rester chômeur, risque de voir son indemnité Assedic rétrécir comme peau de chagrin, risque pour l’agence d’être manipulée par des chômeurs tricheurs, risque surtout, pour les chômeurs à haut salaire de référence (lisez : ayant perdu un emploi bien rétribué) de laisser filer une offre de mission dans un secteur d’offre pléthorique (plongeur, balayeur, caissier dans une grande surface, serveur dans un McDonald). Un premier diagnostic du risque est établi sur la base de préférences (souples, SVP) concernant le « bassin d’emploi », le créneau de « métiers possibles », la « durée du travail recherché » (plein temps ?, mi-temps ?), le « régime particulier » (intermittent ? service rendu au domicile d’une personne handicapée ?), le « salaire de référence » (d’ingénieur ou d’OS ?) assorti de données « dures » comme l’âge, le pays d’origine, les diplômes (« surqualifiés » s’abstenir), le motif d’inscription à l’agence (licenciement ? désaccord avec l’ancien employeur ? instabilité personnelle ?) Le langage est clinique, le chômage est traité comme un mal à soigner, une condition quasi-médicale. Après le diagnostic, la prescription :

Les agents prescrivent, c’est ainsi qu’on nomme leur mission. Ils distribuent, en fonction de la gravités, des ateliers (petit rhume), des accompagnements (grosse bronchite), des accompagnements sociaux (phase terminale). Pas de pilule miracle pourtant. Les taux de réussite de ces prestations sont à relativiser (c’est nous qui soulignons) .

Mis en service en juin 2006 et rendu obligatoire dans les agences ANPE et Assedic, l’outil de profilage permet aux agents de coller une étiquette à leurs chômeurs et de signer avec chacun un contrat personnel « droits et devoirs » impliquant l’acceptation mutuelle de son profil. L’agent ou conseiller pourra alors définir souplement le ‘métier’ recherché et, profil en main, les actions à conduire. Il proposera au chômeur un parcours ‘réaliste’ établi ‘scientifiquement’ sur la base de son profil et de la distance à l’emploi indiquée par l’outil statistique de calcul du risque. Pour sa part, le chômeur sera sollicité d’entériner ce parcours : comme tout client consentant d’une agence de conseil, il sera progressivement entraîné à prendre ses décisions – ses propres décisions - sur la base du profil établi par ses conseillers et à courir sa chance sur la course d’obstacles résultant de ce profil : autonomie contrainte. Tel est, dans la pratique, le nouveau mécanisme de l’hétéro-définition des « pauvres » dans un contexte où le sous-salariat et la précarité deviennent la norme . Une hétéro-définition, raffinement suprême, qui s’appelle décision.
Après un entretien à bâtons rompus sur les antécédents familiaux de sa cliente, le conseiller génétique établit un premier profil de risque et prescrit une première batterie d’examens de laboratoire dont la cliente est sollicitée d’assumer la décision en traçant une séries de croix dans des cases blanches.
Dans les deux cas, la structure du profil et du suivi qui l’actualisera peu à peu révèle un nouveau modèle d’homme moderne que les sociologues Ulrich et Elisabeth Beck qualifient d’homo optionis, être pour lequel non seulement la décision se réduit à un choix entre des possibilités préétablies, mais qui est de plus sollicité de prendre sans cesse des décisions de vie ou de mort, d’identité, d’aspect physique, de mariage, de religion, de liens sociaux et même de sexe. Ce qui est ainsi éliminé de la condition de l’homme moderne c’est tout ce qui pouvait être donné par la tradition, l’histoire, la culture et la nature et se situait ainsi hors du champs des ‘décisions’ à prendre au jour le jour. Pour la plupart des chômeurs, ce donné, cet ‘être’ auquel il faut renoncer au profit d’un aléatoire ‘devenir’, c’est le métier, mot qui dans sa meilleure acception désignait un noyau dur de savoirs, de pouvoir sur le monde matériel, de dignité et d’assurance du lendemain dont chacun était, dans une certaine mesure, doté. Les femmes enceintes qui acceptent un contrat de conseil génétique et les chômeuses et chômeurs dont le ‘revenu de substitution’ dépend d’un contrat d’accompagnement avec l’ANPE, l’Assedic ou une autre agence de placement mettent le doigt dans un engrenage qui transformera en un profil de risque le fruit de leurs entrailles ainsi qu’elles-mêmes, eux-mêmes.
Toutefois, les similitudes s’arrêtent là. Si le suivi génétique de l’agence conseil pour les femmes enceintes est en principe limité à la période de grossesse, la gestation d’une réinsertion réussie peut prendre des années, voir tout ce qui reste d’une vie dite active. Et cette ‘gestation’ d’un travailleur réinséré – jamais, ou presque dans son métier – requiert ! « mobilité géographique et professionnelle » et « flexibilisation du niveau de salaire espéré » : bref tout est à remettre en question ; le chômeur doit être amené à accepter de changer de voie, de lieu d’habitation, de métier, de salaire et c’est cette remise en question qui a nom décision. Et ce travail de réinsertion est de surcroît un rude labeur, qui requiert non seulement de continuelles remises à jour du profil, mais d’instruments matériels: auto pour les candidats envoyés « en mission » à des centaines de kilomètres de leur domicile, et, de plus en plus, Internet pour répondre à temps aux offres récentes : modernisation de la pauvreté oblige ! Peu d’études ont encore été consacrées à la description, la définition et la qualification de l’épuisant travail non productif et non salarié du demandeur d’emploi consciencieux.
D’abord, le candidat à la réinsertion doit se livrer au rituel par lequel le salarié type, prolétaire ou cadre transforme sa force vitale, son corps, soi même en cette marchandise fictive dont le prix se négocie sur le marché du travail.


La colonisation du temps de vie par le travail fantôme
Tous les matins, le travailleur, qu’il soit salarié ou salarié en gestation, doit se tirer du lit, se désodoriser à grand luxe de savon et d'eau chaude, se charger lui-même jusqu'au parc à voiture et se déposer sur le siège avant pour se conduire, comme chauffeur de soi-même, vers le marché du travail où il pourra transformer sa force vitale en force de travail – ou de chômage - dotée de valeur de marché. On prendre le taxi, le métro, l’autobus et faire les frais des ruptures de charge
En ville, la ménagère type se rend plusieurs fois par semaine au supermarché où elle choisit les ingrédients de ce que tant bien que mal, elle transformera en un repas. Voyez comme elle les empile dans le coffre de son auto. Suivez son long parcours à travers les embouteillages et observez comment, après avoir transporté ces marchandises dans son garage, elles les extrait de son auto, les déballe, se débarrasse des emballages, met la soupe Campbell ou Knorr et les légumes congelés sur la plaque électrique. C'est alors seulement que la ménagère pourra devenir cuisinière.
L’étudiant qui bachote, sèche sur un thème ou prépare des examens dans des matières sans relation avec ses intérêts personnels, la mère de famille qui s'efforce de transformer sa progéniture en matière scolarisable capable de produire des heures-fesse silencieuses et évaluables sont également attelés à des labeurs qui ont en commun d’être non productifs, non salariés et exténuants, de même que le chômeur obligé de traverser la ville plusieurs fois par semaine afin de se présenter à l’ANPE et de devenir ainsi une force de chômage certifiée, capable de remplir un « ordre de mission » ou de toucher le coupon qui lui permettra d'obtenir sa pitance jusqu'à sa prochaine convocation au bureau du chômage.
Ce genre de travail, aussi inutile qu’humiliant, généralise la logique du guichet: si tu veux survivre, fais la queue pour recevoir ta feuille jaune ou le chèque de l’Assedic qui te donnera un sursis. Il ne produit pas de biens de subsistance, mais soumet l'obtention de moyens de survie stériles en soi à un contrôle bureaucratique. Pas étonnant que l'énorme fatigue engendrée par ce type de ‘travail’ soit en passe de se transformer en moyen de contrôle préféré de l'État-Marché : le chômeur astreint à la pendularité, par exemple, n'a pas le temps de faire la révolution.
Durant près d’un siècle, plus croissait la sphère du travail salarié, et plus s'étendait son inévitable ombre non salariée. Donnons un nom à cette ombre : le travail de l’ombre, ou mieux : le travail fantôme . Le travail salarié et le travail fantôme ont été aussi inséparables que la froide lumière électrique et son ombre crue. Le travail fantôme est une forme de servitude peut-être pire que l'esclavage de jadis. Comme le travail vernaculaire, il n'est pas salarié, mais ici s'arrêtent les comparaisons. Le travail vernaculaire était communautaire et public. Le travail fantôme est privé et humiliant. Le travail vernaculaire était digne et il produisait directement des biens de subsistance; il était créateur de cultures matérielles innovatrices. Le travail fantôme est improductif; il ne fait que rendre vendables des valeurs qui, dans toutes les cultures du passé, étaient des valeurs d'usage et consommables des biens de marché qui n’acquièrent une valeur d’usage que par un travail fastidieux. Le travail fantôme du migrant pendulaire le transforme en force de travail monnayable. Le travail fantôme de la ménagère dote des biens de marché d’une valeur d’usage. Le travail fantôme détruit la culture matérielle traditionnelle en plongeant le travailleur fantôme – qu’il soit salarié ou chômeur - dans un monde immatériel et irréel, un monde virtuel.
Ce qu’il reste de deux siècles de culture du travail ressemble de plus en plus au « pays des longues ombres ». La lumière devient blafarde, l’ancien soleil du travail peine de plus en plus à se maintenir au-dessus de la ligne d’horizon. Mais son ombre ne cesse de s’allonger : il faut craindre que, bientôt, pour tout un chacun, les heures de travail fantôme obligatoire seront plus longues que les heures de travail salarié, productif ou non.
Le travail fantôme est l’effort sans salaire qu’il faut incorporer à une valeur d’usage pour en faire une valeur d’échange présentable sur un marché. Ou c’est, à l’inverse, le travail qu’il faut ajouter à une valeur d’échange pour en faire une valeur d’usage. Le migrant pendulaire transforme ainsi sa force vitale, lui-même, sa nature en force de travail en la transportant sur le marché du travail. La ménagère transforme des biens markétises, emballés, surgelées et parfois toxiques en équivalents de repas sur la table familiale.